Nel 2021 il caffè ha registrato il più grande aumento dei prezzi in borsa rispetto a qualsiasi altra merce. Il contratto futures sul caffè Ice Arabica, che traccia il chicco di qualità superiore, ha superato i 2,40 dollari per libbra (circa 450 grammi). Più del doppio rispetto all’inizio di quest’anno. Anche Robusta, il secondo contratto futures più importante, è volato oltre i massimi.

Due fattori pesano su produzione e prezzo del caffè: pandemia e clima. Viêt Nam e Brasile. Cioè, i due più grandi Paesi produttori ed esportatori di caffè.

Il Viêt Nam, ad esempio, produce il 97% del totale della varietà Robusta. Ma oggi spedire un container dal Viêt Nam all’Europa costa sei o sette volte tanto rispetto ad un anno fa. Questo perché, se nel 2020 il numero di contagi per covid è stato piuttosto basso, dal 2021 una serie di focolai ha fatto schizzare la curva in alto. Il Paese, forte delle esperienze di sars e aviaria, ha messo in campo una strategia fondata su tracciamento, test e quarantena. L’ingresso a tutti i turisti è temporaneamente vietato.   I contagi e le restrizioni si sono verificati principalmente a Bac Giang, Bac Ninh e Hô Chí Minh City. Le prime sono aree soprannominate «il regno del caffè». Hô Chí Minh City è la sede del più grande porto commerciale del Paese. Se si vende di meno, i produttori alzano il prezzo della poca merce che riescono a far circolare. Non a caso, organizzazioni commerciali come la Viêt Nam Coffee-Cocoa Association hanno chiesto di allentare le restrizioni per evitare ulteriori danni ma, per ora, senza ottenere successo. E non è un caso che Stati Uniti e Australia abbiano inviato nuove dosi di vaccino al Viêt Nam attraverso il programma Covax. Il vaccino è l’unico modo per uscire dalla pandemia, quindi per allentare le restrizioni, riaprire il commercio e abbassare i prezzi. La geopolitica ha sempre il suo ruolo. Soprattutto se, al problema del virus, si aggiunge la chiusura dei porti e l’interruzione della catena globale.

Un rialzo così forte sui mercati era già accaduto nel 2017. Per capire cosa sta avvenendo oggi è importante rivolgersi a chi frequenta quotidianamente questo mercato.

In Italia esiste l’Altoga, Associazione nazionale di torrefattori, importatori di caffè e grossisti alimentari. Fondata nel 1945, rappresenta le più importanti aziende di torrefazione italiane del comparto alimentare all’ingrosso.

«La situazione rispetto al 2017 è molto diversa — nota Remo Ottolina, presidente dell’Altoga —  fenomeni atmosferici, spesso limitati a qualche area geografica, si sono aggiunti elementi globali che interessano tutto il mercato indipendentemente dalle zone di provenienza. Ci troviamo di fronte ad una scarsa reperibilità della materia prima su più fronti, per cause legate sia alla logistica che alla pandemia. All’aumento del costo del caffè si sommano i rincari energetici, degli imballaggi e dei costi di gestione che toccano tutti i settori. Infine, agli acquisti dei torrefattori si sono aggiunti quelli dei fondi d’investimento, che hanno portato ulteriormente al rialzo le quotazioni».

Pandemia ed energia, produttori e consumatori, oriente e occidente: di fronte a protagonisti del genere, è difficile capire come evolverà lo scenario. Infatti afferma Ottolina, «è probabile che la tensione perdurerà ancora per qualche tempo sui mercati, almeno sino a quando la situazione nei Paesi produttori non si sarà normalizzata e tornerà ad esserci la disponibilità del prodotto fisico. In ogni caso, riteniamo improbabile che i prezzi ritornino ai livelli pre-crisi, che avevano raggiunto dei valori minimi insostenibili per i paesi produttori».

Già, i produttori. Non sono tempi facili. Come affronteranno questa situazione? «I torrefattori che avevano scorte di materia prima — anche a causa della contrazione dei volumi di vendita sul canale Ho.Re.Ca. causata dalla pandemia — stanno gestendo le scorte in modo dinamico, per contenere o ritardare il più possibile gli inevitabili aumenti di listino ai propri clienti», osserva Ottolina, «chi, invece, è stato costretto ad acquistare a questi livelli di prezzo, dovrà inevitabilmente ritoccare al rialzo i propri prezzi».

Dai mercati finanziari si arriva al bar sotto casa. Che ne sarà dei consumatori e del prezzo del caffè al bancone? Secondo Ottolina, «è inevitabile che almeno parte di questi aumenti vengano trasferiti al consumatore, in quanto le aziende produttrici, già prostrate economicamente dalla pandemia, non possono assorbire un rincaro pari al 100 per cento della materia prima.  Purtroppo, il fenomeno non riguarda soltanto il caffè. Diversi generi alimentari hanno subìto, o subiranno a breve, la stessa sorte. È ragionevole attendersi un rincaro sia del caffè sullo scaffale sia del prezzo della tazzina al bar che, ricordiamolo, rimane comunque uno dei più bassi in Europa».

Insomma, ancora una volta il mercato è uno spunto per osservare cosa avviene nel mondo. Sì, è tutto collegato. Ma rischia di diventare tutto un po’ troppo amaro.

L’Osservatore Romano – 21/12/2021