Una ricerca di Datamobility ha rivelato che, nel 2020, il 54% dei romani ha utilizzato la propria auto per percorrere meno di 6 chilometri. Il 58% degli abitanti della Capitale si sposta in macchina per viaggi che non superano neanche i 15 minuti. Il risultato finale lo si conosce bene: Roma è la città più congestionata d’Italia e la diciottesima al mondo per ore trascorse nel traffico (Inrix Global Traffic 2021). Qui, mediamente, un cittadino passa 66 ore all’anno nella propria vettura. Le conseguenze non sono solo economiche e sociali, ma anche ambientali. Dopo il lockdown, le emissioni delle auto sono raddoppiate, soprattutto a causa dell’abrasione dei freni (lo dimostra uno studio condotto dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dall’Agenzia regionale protezione ambientale del Lazio, pubblicato su «Environmental Pollution»).
Per risolvere il problema della mobilità romana, giorni fa si è fatta avanti persino Google. L’azienda californiana dovrebbe presentare un progetto per installare nuovi semafori intelligenti così da rendere più efficienti i percorsi stradali dell’Urbe. In questo modo si ridurrebbero i ritardi nel traffico e il consumo di carburante, quindi anche le emissioni provocate dai motori delle macchine. L’idea è già diventata realtà in Israele, nei comuni di Haifa e Beer-Sheva. Google dovrebbe presentarla anche a Rio de Janeiro e Milano. Al di là del confronto con le altre città, il problema di Roma è uno: la maggior parte dei cittadini prende la macchina per qualsiasi tipo di spostamento. Addirittura per quelli più brevi. Ben vengano i semafori intelligenti ma, forse, prima si dovrebbe capire il motivo per cui i romani preferiscono usare i mezzi privati.
I ricercatori di mapparoma.info hanno cercato di dare una risposta. Attraverso lo spazio #mapparomaLab, dedicato a promuovere il lavoro degli studenti dell’Università degli Studi di Roma Tre, hanno realizzato «un’indagine quantitativa, somministrando un questionario a 101 soggetti, per indagare la percezione dei cittadini romani in tema di trasporti e mobilità». I cittadini preferiscono l’auto perché lamentano una scarsa accessibilità al trasporto pubblico, soprattutto in periferia. «A giudizio dei residenti, municipi come il tredicesimo o il quattordicesimo risultano avere una scarsa accessibilità media al trasporto pubblico, rispetto al primo o al quinto». A questo problema se ne aggiungono altri: lentezza e ritardi dei mezzi, capienza limitata, poca manutenzione, disorganizzazione, scarsi controlli dei biglietti e il numero limitato di corsie preferenziali. Lo confermano persino gli ultimi dati diffusi dalla stessa Atac: le linee metro A, B-B1, C contano 75 fermate, ma 37 presentano problemi di accessibilità. Scale mobili ferme, ascensori fuori servizio e accessi sbarrati.
Non solo: in tempi di pandemia non c’è nessuno che controlla i greenpass e che garantisce il rispetto del distanziamento su autobus, tram e metro. È poi difficile capire perché, spesso, si vedono due autobus della stessa corsa, uno a pochi metri dall’altro, ma uno pieno e l’altro vuoto. L’unica applicazione che, sul telefono, permette di acquistare i biglietti autobus e monitorare le corse esiste ma non viene sponsorizzata (si chiama myCicero e funziona discretamente). Non ci sono operatori che monitorano da remoto la capienza degli autobus e intervengono in diretta sulle linee, potenziandone una rispetto all’altra. Chi prende i mezzi pubblici ogni giorno lo sa. E si domanda perché tutto ciò avviene.
Attualmente, sulla linea Roma-Lido circolano solo 4 treni e 5 fermate sono state chiuse (ne restano attive 2). «Per arrivare a lavoro in orario devo prendere una navetta, un treno e la metro. E devo pensa’ pure a lui», commenta una donna, indicando il figlio che tiene per mano sulla banchina della Lido centro. Poche settimane fa, su questa tratta, l’Agenzia nazionale ferroviaria ha imposto lo stop alla circolazione di due treni per mancata manutenzione. Salgono a 7 i mezzi che dovrebbero correre su questo percorso ma che sono fermi ai box. Recentemente il personale impiegato sulla ferrovia Roma-Lido ha scioperato per quattro ore. Così, nel 2021, le utenze giornaliere su questa linea sono passate da 100 mila a 60 mila.
Anche spostandosi in Centro la situazione non è poi tanto migliore. Ci sono più mezzi pubblici, certo, ma la domanda è maggiore, l’offerta resta insufficiente e, la mattina, gli autobus sono pieni. Provare per credere: a qualcuno, causa sovraffollamento, è capitato di dover rinunciare a salire su due mezzi arrivati l’uno dopo l’altro (il 40 e il 64, a via Nazionale). «Se la gente non prende il monopattino o i motorini…», commentano i controllori. Intorno, la pioggia battente. Ma serve il monopattino. Proprio a causa della pioggia, qualche settimana fa la stazione Lepanto della metro A è rimasta chiusa perché allagata. «Sono 45 minuti che aspetto il 990 a ponte Umberto I », commenta, sconsolata, una donna alla fermata. All’interno dei mezzi, l’abitacolo riservato al conducente è delimitato da un cordone. Si perdono almeno due posti a sedere e cinque in piedi. La porta anteriore resta chiusa. Certo, la sicurezza degli autisti dev’essere garantita. Ma, dietro, le persone restano accalcate. I batteri circolano. «Aprite i finestrini», dice qualcuno. C’è chi tossisce e chi, come reazione «allergica», indietreggia spaventato. Almeno, in tempi di covid, (quasi) tutti indossano la mascherina. Per il resto, un caos.
Alcuni confidano di aver trovato una soluzione: «Abito in periferia e, per me, arrivare alla stazione metro con i mezzi è impossibile. Ma senza metropolitana non arrivo in orario all’università. Quindi ho fatto un mix: prendo la macchina fino alla stazione metro più vicina a casa, parcheggio e arrivo all’università con la metro. Andata e ritorno così. Che altro tocca inventarsi?» «Te lo dico io — commenta un passante — scendo e me la faccio a piedi. Che me fa pure bene».
L’Osservatore Romano – 18/12/2021