Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha da poco concluso il suo viaggio nella Repubblica Popolare Cinese. «Rispetto reciproco», «terreno comune» e «cooperazione vantaggiosa» sono state le parole con cui il presidente cinese Xi Jinping ha accolto il leader straniero. Ed è proprio per questa reciprocità di interessi che l’incontro non è passato inosservato.
Innanzitutto, oltre a trattarsi della seconda e della terza economia mondiale, nel 2023 il valore degli scambi commerciali tra Berlino e Pechino ha superato i 250 miliardi di euro. I rapporti economici trovano terreno fertile almeno dagli anni Ottanta, cioè da quando l’ex presidente cinese Deng Xiaoping ha aperto la Cina al commercio internazionale. La Repubblica Federale Tedesca ne approfittò per dare slancio alla propria industria. Risultato: oggi almeno 5000 aziende tedesche sono attive in Cina. I piani di investimento nel settore automobilistico, elettronico e industriale sono in espansione. Per tutelarne gli interessi, lo scorso anno Berlino ha adottato una strategia che definisce Pechino «partner, concorrente e rivale sistemico». Concorrente e rivale perché, da un lato, la Germania cerca di portare avanti la timida iniziativa con cui l’Unione europea intende fare luce sui sussidi di Stato all’economia cinese.
Dall’altro lato, però, la Germania non può che riconoscere il profondo legame tra le aziende tedesche e Pechino, ancor più in un momento di difficoltà interne. La più grande economia europea si trova di fronte a una crescita non superiore allo 0,2 per cento. La guerra in Ucraina e il successivo sabotaggio del gasdotto Nord Stream hanno spalancato incognite energetiche. Non solo: : il Fondo monetario internazionale ha definito «l’eccessiva burocrazia» uno dei maggiori ostacoli al rilancio dell’economia tedesca (in Germania ci vogliono 120 giorni per ottenere una licenza commerciale, più del doppio della media di altri Paesi occidentali).
Fare affidamento su un partner commerciale forte è insomma sempre più necessario per la Germania. E, allo stesso tempo, trovare investitori stranieri è vitale per l’economia cinese che, un prodotto interno lordo in aumento del 5,3 per cento nel primo trimestre del 2024 rispetto all’anno precedente, ha un problema sul fronte commerciale: a marzo le esportazioni cinesi sono diminuite del 7,5 per cento, mentre le importazioni sono calate dell’1,9 per cento e il commercio totale è sceso del 5,1 per cento. Se è vero che i dati aggregati sul commercio per i primi tre mesi del 2024 mostrano una lenta ripresa, la domanda interna sembra ancora scossa da una crisi di fiducia nei confronti del sistema, come dimostrano il tasso di invecchiamento della popolazione in aumento, la disoccupazione giovanile (attorno al 15 per cento) e la crisi del settore immobiliare.
Ecco come e perché gli interessi legati al commercio internazionale di Cina e Germania si intersecano. Non senza difficoltà, però. La prima è geopolitica: gli auspici sulla risoluzione pacifica dei conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente sono condivisi da Xi Jinping e Scholz, eppure Berlino e Pechino appartengono a blocchi contrapposti.
Ma c’è di più: in un recente sondaggio condotto su 150 membri della Camera di commercio tedesca in Cina, due terzi degli intervistati hanno affermato di affrontare una concorrenza sleale nel Paese. Gli aiuti di Stato, su cui la Repubblica Popolare basa gran parte della sua economia, favoriscono le aziende cinesi e, quindi, ne facilitano la penetrazione nei mercati stranieri. L’Europa, continente povero di risorse, in crescita solo dello 0,6 per cento nel 2024 (dati Ocse), nel pieno di una transizione economica ed energetica ma – come ha ricordato Mario Draghi nel suo discorso a La Hulpe – «privo di alcuna strategia», è in cima alla lista. E gli interessi dei singoli Stati sembrano prevalere ancora una volta su quelli comunitari.
L’Osservatore Romano – 20/04/2024