Roma, Tor Bella Monaca, via dell’Archeologia 74. Periferia della città, centro dello spaccio di droga. Uno stradone, tanti palazzi, infinite storie, un murales: «Rispetta e sarai rispettato». «Benvenuti a Tor Bella», esordiscono Giulia e Aurora, 23 e 24 anni, mentre ci aprono le porte della struttura della Comunità di Sant’Egidio che qui, nonostante tutto e anzi proprio a causa di tutto questo, ha le sue radici.

«Siamo un gruppo di giovani universitari e liceali dei Giovani per la Pace di Sant’Egidio», racconta Giulia, «offriamo un doposcuola gratuito per i bambini del quartiere che si pone due obiettivi: far superare loro le difficoltà legate alla famiglia o all’apprendimento e farli socializzare». Una missione ancor più difficile in una zona del genere perché, prosegue Aurora, «viviamo in un mondo diverso rispetto alle altre zone di Roma. Qui è tutto normale: parlare del padre in carcere, vivere un blitz della polizia dentro casa, vedere spacciatori o chiazze di sangue per strada. I bambini crescono da soli. Noi vogliamo essere un punto di riferimento e un limite a tutto il degrado di questo quartiere, al mondo della violenza, delle urla e dell’illegalità».

E poi, «c’è molta differenza tra via dell’Archeologia e Tor Bella Monaca. Per noi avere la sede nella strada peggiore significa stare dove la gente ha bisogno». Eppure, ci racconta Aurora che «di fronte ai progetti di riqualificazione del quartiere, questa struttura rischia di chiudere. La riqualificazione è sì indispensabile, ma dobbiamo continuare ad avere un punto di riferimento fisico perché allontanarsi da qui significherebbe allontanarsi da un target particolare di bambini: chi vive qui, vive storie e situazioni complesse. E noi cerchiamo proprio loro».

Anche perché, evidenzia Giulia, «la Scuola della Pace è una famiglia. La nostra sede è qui, tra i palazzi. I bambini ci vedono, ci sentono, scendono, giocano e studiano con noi. Ma non basta. Una volta terminato il doposcuola, riaccompagniamo i ragazzi a casa, raccontiamo ai genitori cosa abbiamo fatto e aggiungiamo un tassello. Se il bambino si fida di noi, la famiglia fa lo stesso. Non è scontato visto che ci sono tante comunità straniere, nigeriane, arabe e rumene. Fondamentale è poi il dialogo con le scuole. A Tor Bella il passaparola funziona bene».

E i risultati sono evidenti: «Non offriamo solamente un servizio di studio alternativo e integrativo alla scuola — spiegano le volontarie —, durante la settimana la nostra struttura è usata anche per altre attività: il laboratorio d’arte per le persone disabili, l’ospitalità agli anziani, la distribuzione alimentare per i più poveri…aiutiamo i bambini a fare dolci, d’estate organizziamo vacanze e summer school per non lasciarli mai soli. A Natale, insieme ai liceali di Tor Bella Monaca, abbiamo raccolto soldi per organizzare un pranzo con sessanta persone. Ragazzi di ogni età hanno interagito coi poveri durante l’orario scolastico, portando da mangiare e sedendosi a tavola solo per parlare».

Ma questa non è l’unica realtà dei “Giovani per la Pace”: «Coordinandoci con le altre sedi romane, abbiamo scelto un filo conduttore per le chiacchierate coi nostri bambini. Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, abbiamo dato particolare attenzione al desiderio della pace, ad esempio scrivendo delle lettere al segretario generale delle Nazioni Unite e promuovendo la mostra “Facciamo pace”, che racconta la voce dei bambini sulla guerra. Quando abbiamo domandato loro dove vedessero la violenza, ci hanno risposto “dentro casa”. E abbiamo capito che parlare ai bambini di una guerra apparentemente lontana può essere uno stimolo per rispondere a una guerra in realtà vicina, spesso nascosta». Una struttura non sostitutiva del sistema scolastico, ma integrativa. Perché, molto spesso, gli insegnanti non hanno tempo e modo di soffermarsi sulla vita degli alunni. Qui, invece, si incrociano storie. E, tra le tante, le loro: quella dei volontari. Di Giulia, secondo cui «se non avessi conosciuto i “Giovani per la Pace”, non avrei studiato per diventare assistente sociale, non avrei coltivato il sogno di migliorare le istituzioni che interagiscono col volontariato e di cambiare le vite di tanti bambini». E di Aurora, secondo cui «per me è sempre stato naturale fare volontariato, ma venire a Tor Bella Monaca ha significato fare un passo in più: venire qui significa cambiare o non cambiare la vita di determinati bambini».

L’Osservatore Romano – 16/6/2023