Non solo un volume di politica internazionale vaticana, ma un viaggio nei viaggi del pontificato di Papa Francesco, un atlante delle periferie, un ripensamento profondo delle sfide del nostro tempo.
Perché il Pontefice ha fatto portare a una donna russa e a una ucraina la croce nel Venerdì Santo della Pasqua 2022? Perché Francesco, viaggiando per l’Europa, non ha visitato Parigi, Londra, Berlino o Madrid, ma Lund, Fatima, Auschwitz, Lampedusa, Cipro, Malta, Lesbo? Perché nel 2017 il Papa ha accettato di ricevere la più alta autorità militare del Myanmar, il generale Min Aung Hlaing, accusato di aver pianificato e ordinato le violenze contro i rohingya? Quale progetto per la riappacificazione, la convivenza e la sicurezza collettiva in Europa e nel mondo il Papa ha in mente?
Su queste e altre questioni riflette padre Antonio Spadaro, direttore de «La Civiltà Cattolica», nel suo ultimo libro L’atlante di Francesco (Venezia, Marsilio 2023, pagine 228, euro 13). Diviso in due parti, il volume intende sia offrire gli elementi fondanti della prospettiva di Bergoglio sul mondo, sia approfondire alcuni quadranti geopolitici. Visione e mappe. Riferimenti culturali e respiri internazionali.
Il 24 febbraio 2022 il mondo è cambiato. «Dividere il mondo in buoni e cattivi è confortevole e rassicurante, ma non serve a capire», scrive Spadaro. Perciò il Papa «non cerca di eliminare il male, sa che è impossibile. Piuttosto, cerca di neutralizzarlo». Affinché la porta per il dialogo e per la misericordia resti sempre aperta.
Come? Non considerando mai niente e nessuno come definitivamente perduto. Tessendo e cucendo, non tagliando. Assumendosi la responsabilità di essere incompreso. Creando una nuova sezione — la terza — della Segreteria di Stato dedicata ai nunzi, ai rappresentanti diplomatici nei Paesi con cui la Santa Sede intrattiene regolari rapporti. Facendo sposare la cautela diplomatica con la parresia, la denuncia e la chiarezza: dalla tragedia dei migranti alla memoria del genocidio armeno, dalla formalizzazione dei rapporti con la Palestina alle speculazioni del capitalismo finanziario. E indagando le cause di un evento, «il che non significa giustificarlo — scrive Spadaro — bensì porre le basi per risolverlo».
Operazioni politicamente quanto umanamente necessarie, soprattutto quando ci si muove tra la crisi della politica e quindi della diplomazia. Bergoglio è arrivato sul soglio di Pietro in quella che padre Spadaro, riprendendo l’articolo di Paul Elie sul «New York Times», definisce «l’epoca degli uomini forti: Xi Jinping in Cina, Vladimir Putin in Russia, Viktor Orbán in Ungheria e Donald Trump negli Stati Uniti». Nel mezzo, «un’Europa addormentata, invecchiata, un po’ chiusa in se stessa».
L’era del bipolarismo è finita. Oggi gli interessi e gli attori in campo sono molteplici. Dai diritti umani all’energia, da Washington a Pechino passando per Bruxelles, Mosca, Taipei, Tokyo. Perciò, nella seconda parte del volume, l’autore allarga lo sguardo al conflitto tra Russia e Ucraina, al Medio Oriente, ad Amazzonia, Kazakhstan e Bahrein. E al «desiderio della Cina», all’accordo del 22 settembre 2018, da intendere come «armonia di note» e «incipit di una composizione tutta da sviluppare». Mancano poi ideali di riferimento perché «grandi parole quali democrazia, libertà, giustizia e unità hanno perso la pienezza del loro significato».
Eppure, di fronte a tutto ciò, Spadaro osserva come «Francesco ha una visione evangelicamente dialettica della storia: è come se dicesse che se non c’è crisi non c’è vita». Inoltre, «ritiene che la cultura abbia valore di verbo più che di sostantivo: aprire, integrare, moltiplicare, condividere, dialogare, dare e ricevere». Una speranza rafforzata dal «tipico amore del cristiano: non quello per il prossimo, ma quello per il nemico», ha osservato il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin durante la presentazione del libro, avvenuta lo scorso 13 marzo nella sede di «Civiltà Cattolica».
Pensieri che ben si incontrano con i quattro principi con cui Antonio Spadaro conclude il suo Atlante di Francesco: «Il tempo è superiore allo spazio, l’unità prevale sul conflitto, la realtà è più importante dell’idea, il tutto è superiore alla parte». Non disporre di soluzioni, ma accompagnare processi. Ecco, il senso della diplomazia vaticana. Ecco, il trionfo della misericordia.
L’Osservatore Romano – 8/5/2023