Sulla rivista di geopolitica Limes, nel volume 1/23, il Direttore Lucio Caracciolo e io abbiamo intervistato Marco Minniti, presidente della fondazione MedOr, ex ministro dell’Interno della Repubblica Italiana. Di seguito qualche passaggio.

Non siamo più capaci di leggere e interpretare cosa avviene nel mondo perché siamo disabituati a misurare il peso delle parole. Ci troviamo di fronte a un tornante decisivo per cui nulla sarà come prima. Eppure, non ce ne stiamo accorgendo. Partiamo dal conflitto in Ucraina. Che è insieme rottura della storia e brusca svolta della contemporaneità. Innanzitutto, la guerra non è finita. Né sappiamo quando finirà perché non ne conosciamo l’orizzonte effettivo. Se qualcuno, il 24 febbraio 2022, ci avesse detto che il conflitto dopo un anno non sarebbe finito, non gli avremmo creduto. E invece la convivenza con una guerra lunga, allargata, sta diventando possibile. Persino l’idea di convivere con un trentottesimo parallelo nel cuore d’Europa sta diventando l’unica ipotetica soluzione. Parallelamente, l’interconnessione del nostro mondo non è cambiata. Anzi, neanche quel contrasto icastico tra lockdown e interconnessione rappresentato dalla pandemia è riuscito a raffreddare il sistema globale.

Di qui, le grandi onde d’urto che dall’Ucraina partono e hanno un riflesso, così come una soluzione, nel Mediterraneo. La prima onda d’urto è quella energetica. Iniziata in Ucraina, l’Europa risolverà la crisi dell’energia nel Mediterraneo allargato, da Algeri al Cairo. Poi c’è la crisi alimentare, di cui non conosciamo l’esito. In Europa se si parla di impennata inflattiva si pensa ai prezzi del carburante. In Africa si pensa al rincaro dei beni di prima necessità che vanno dal grano al pane. Il rischio di un dramma irrisolto è la destabilizzazione generale di un’area intera. Caso di scuola è la Tunisia. L’unico Paese dell’Africa settentrionale ad aver attraversato, dopo il 2011, un processo democratico viene ora piegato dalla crisi economica: inflazione genera disaffezione politica, quindi tensioni sociali sempre più forti, l’8% della popolazione che a dicembre si reca a votare e il reclutamento di tantissimi giovani nelle fila dell’ISIS.

La prima pagina del quotidiano “La Repubblica” – 11 febbraio 2023

L’Europa non capisce che nel Mediterraneo allargato si gioca il proprio ruolo nel mondo. Perché Africa ed Europa sono due entità a specchio. Non è pensabile un assetto di prosperità dell’Africa senza Europa. Non è pensabile un assetto stabile dell’Europa senza Africa. Entrambe vivono tre crisi tra loro collegate e tra loro risolvibili. Quella energetica, quella alimentare, ma soprattutto quella demografica. In senso opposto: l’Europa non fa figli, l’Africa ne fa tanti. Ed è nella crisi demografica che si gioca il futuro della cooperazione tra i due continenti. Perché crescita demografica significa fattore di competizione nel mondo. Guardiamo alla Cina: i dati più recenti mostrano il primo declino demografico dal 1963. Pechino si sente più debole, vede il calo come un collasso, tutti i media internazionali ne parlano. Ma nessuno parla con così tanta enfasi della crisi demografica che da anni attanaglia diversi Paesi dell’Europa, dall’Italia alla Germania e non ultima la Francia. Caso opposto è l’India, che invece sarà sempre più protagonista grazie all’incremento di popolazione.

Facciamo un esempio concreto. Italia e Tunisia si mettono d’accordo. Roma stabilisce trentamila ingressi legali in un anno dalla Tunisia. Saranno gestiti attraverso le ambasciate. Nell’attesa, si mandano insegnanti di sostegno in Tunisia ad insegnare la lingua italiana ed altre materie. Ad esempio, abbiamo un problema con la mancanza di operai siderurgici perché c’è un’alta domanda delle imprese ma l’offerta educativa è scarsa. Bene, l’educazione dei tunisini comprenderà anche materie legate a questo settore. Però, Tunisi deve accettare che Roma può rimpatriare tutte quelle persone che arrivano illegalmente in Italia. Ecco che l’integrazione diventa più facile. Integrazione e sicurezza sono due temi di strettissima attualità, basti pensare alle campagne elettorali giocate sul tema sicurezza, ma sono anche due termini strettamente connessi. Integrare meglio significa essere più sicuri. L’integrazione sbagliata genera terrorismo. Noi non possiamo avere una visione difensiva dell’Europa. Il tema demografico dev’essere messo al centro della nostra agenda. Anche perché, se non si affronta questo tema, l’Italia è finita.

La versione completa dell’intervista è disponibile qui: https://www.limesonline.com/cartaceo/il-mio-piano-per-lafrica