Un motto giapponese dice che «dopo la pioggia il terreno s’indurisce» (Ame futte ji katamaru). Cioè, i problemi e le difficoltà rendono la vita più dura ma l’essere umano più forte e preparato. Specie di questi tempi, pare che la formula valga per tutto tranne che per la politica e per la società del Sol Levante. E la campagna elettorale per le elezioni generali anticipate – che si terranno domenica 27 ottobre – lo dimostra.

Innanzitutto, lo storico partito al potere – Liberal Democratic Party (LDP) – potrebbe faticare ad ottenere i 233 seggi necessari per la maggioranza assoluta. E già questa è un’eccezione, dal momento che esso ha governato quasi ininterrottamente negli ultimi settant’anni. Oggi i problemi sono tanti. Le dimissioni dell’ex primo ministro Fumio Kishida, la proliferazione di correnti e i recenti scandali sui finanziamenti hanno dilaniato l’unità interna al LDP. Dall’esterno, l’indice di gradimento dei giapponesi è calato tanto verso Kishida quanto verso il nuovo leader liberaldemocratico e nuovo primo ministro, Shigeru Ishiba. Noto per la sua popolarità, l’ex ministro della Difesa è stato invece il premier ad aver ricevuto l’indice di gradimento più basso (50 per cento) una volta insediatosi.

Pur di ampliare il consenso, Ishiba ha quindi indetto nuove elezioni. In Giappone la Camera dei Rappresentanti viene votata con sistema misto: su 465 seggi, 289 sono eletti attraverso collegi uninominali e 176 con sistema proporzionale. Gli elettori esprimono dunque due voti, uno per il candidato nel loro collegio e uno per il partito politico. Le regole del gioco rendono unico questo appuntamento: divieto di campagna porta a porta – spopolano veicoli da cui gridare nomi dei candidati o discorsi nelle stazioni – e di diffusione di risultati parziali durante il giorno del voto.

Tuttavia, la scelta di anticipare il voto potrebbe mettere nero su bianco tutte le difficoltà dei liberaldemocratici. Giorni fa un uomo è stato arrestato per aver lanciato bombe molotov contro la sede del LDP a Tokyo e per essersi schiantato contro la residenza del primo ministro. Specie dopo l’assassinio di Abe Shinzo nel 2022, la violenza resta ancora centrale nella politica nipponica.

Pesano poi l’astensionismo e la crescita di partiti minori. Secondo il ministero degli Affari Interni, la partecipazione al voto anticipato è diminuita del 17 per cento rispetto alle elezioni del 2021 in 34 delle 37 prefetture. Kyodo News ha rilevato che il divario nelle intenzioni di voto per il ballottaggio è di soli otto punti percentuali tra i liberaldemocratici e il Constitutional Democratic Party of Japan (CDP), il più grande partito d’opposizione, orientato a sinistra e guidato da Yoshihiko Noda.

Nonostante ciò, una vera opposizione per ora non c’è. Il CDP non sembra in grado di raggiungere da solo i numeri necessari per governare. Convincere partiti più piccoli a unirsi non sarà facile. Il Democratic Party for the People cresce ma è ancora in fase embrionale, il Japan Innovation Party sembra più vicino ai liberaldemocratici, mentre comunisti e socialdemocratici hanno una presenza minima.

Lo scenario più probabile prevede perciò che i liberaldemocratici vincano ma, come anticipato da Ishiba, che avranno bisogno di nuovi alleati oltre a Komeito. Se invece il CDP dovesse ribaltare le aspettative – ipotesi non del tutto irrealistica seppur difficile – dovrà anch’esso rinunciare ad alcune battaglie pur di ottenere la maggioranza.

In entrambi i casi, la necessità del compromesso implicherà un passo indietro sui temi caldi e, di conseguenza, lascerà scontento un popolo già disilluso dalla politica, consapevole del fatto che la leadership di Abe Shinzo è stata solo una lunga parentesi in un Paese in cui le dinamiche del potere s’incanalano nelle vene dello Stato profondo, tra burocrazia e amministrazione.

Ed è questa l’istantanea più importante: la popolazione locale si sta allontanando dai rappresentanti politici perché si sente incompresa da un sistema impotente di fronte al calo delle nascite (nel 2023 c’è stato il minimo storico), all’invecchiamento (questo è il Paese con l’età media più alta al mondo, 49 anni), al deprezzamento della moneta nazionale e all’insicurezza regionale. Eppure, i temi che caratterizzano la tornata elettorale hanno catturato l’attenzione di tanti giapponesi: i finanziamenti pubblici ai partiti, l’aumento delle tasse per una politica estera e difensiva, il salario minimo, il mix energetico basato su più rinnovabili e meno nucleare.

L’incapacità politica di «far indurire il terreno dopo la pioggia» sta tutta qui: nel non sapere come arrivare al cuore dei cittadini. E il risultato non è per niente rassicurante, come testimoniato da un recente sondaggio condotto in Giappone dal Pew Research Institute in cui solo il 31 per cento degli intervistati si dice soddisfatto dalla democrazia.

L’Osservatore Romano – 26/10/2024