La destra domina alle urne, la sinistra regna nelle piazze. Il primo turno delle elezioni francesi certifica la polarizzazione del Paese che in democrazia, spesso, è sinonimo di instabilità.
La Francia appare sempre più segnata da una divisione generazionale (come registrato da Ipsos, il 48 per cento dei francesi tra i 18 e 24 anni ha votato per l’alleanza di sinistra) e da una divisione una geografica (Parigi e le città si confermano baluardo della sinistra, mentre nel resto del Paese domina il Rassemblement National). I riflessi politici sono evidenti: «Ci avviamo verso un Parlamento instabile con un governo fragile e, perciò, si vocifera già che Emmanuel Macron stia pensando a una nuova dissoluzione tra un anno», esordisce Jean-Baptiste Noé, caporedattore della rivista Conflits, parlando al nostro giornale.
Anche se bisognerà attendere il secondo turno (7 luglio), secondo Maroun Eddé, filosofo e saggista autore del libro “La destruction de l’Etat” (Bouquins, 2023), «la vittoria del RN è comunque evidente se si pensa che, solo due anni fa, questo partito aveva il 18 per cento. Pure la sinistra si mantiene bene. Il grande perdente è invece Emmanuel Macron, che arretra ovunque. Molto dipenderà poi dalle “triangolari”, cioè da quelle circoscrizioni con tre candidati al secondo turno. I risultati finali saranno dettati dal ritiro di uno o dell’altro candidato».
Al di là dei giochi elettorali, bisogna però osservare le elezioni per capire lo Stato della società francese. Se si vedessero esclusivamente le piazze francesi o se si ascoltassero gli appelli di personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport, non ci si potrebbe spiegare un risultato del genere. Quanto conta nelle elezioni questa frattura sociale?
Noé ribadisce come «l’elettorato della destra è composto da operai, disoccupati, donne sole… se persone benestanti e senza problemi di sicurezza e finanza dicono al resto della popolazione come votare, la frattura tra le classi popolari e le élite non fa altro che aumentare. La Francia oggi è divisa in tre blocchi corrispondenti a realtà geografiche e sociali diverse». Tuttavia, prosegue Noé, «se si pensa solo a demonizzare il nemico, si impedisce ogni forma di cooperazione. Il rischio è quello di avere tre blocchi incapaci di parlarsi e collaborare».
«Certi appelli hanno anche poco eco perché i principali canali televisivi e media nazionali sono spostati a destra – rilancia Eddé –, i media in Francia sono concentrati nelle mani di pochi miliardari. Oggi se ne contano circa nove che possiedono quasi tutti i canali televisivi più visti e che parlano solo di temi promossi da RN: immigrazione, islam, declassamento del ceto medio. Tutto ciò contribuisce a focalizzare il dibattito politico solo su certe questioni e ad offuscare il resto».
La sfida politica è stata ben colta dai francesi e l’affluenza straordinaria (65 per cento) lo dimostra. In assenza di maggioranza assoluta, sarà però difficile governare. A ciò va aggiunto che «ogni blocco politico ha le sue priorità – osserva Noé – per il RN, sono la sicurezza e il potere d’acquisto, per la sinistra è la lotta contro le discriminazioni. Ma, al di là delle divisioni politiche, credo prevarrà la realtà finanziaria. La Francia ha un debito importante e la pressione fiscale è una delle più alte d’Europa. Il nuovo governo non ha alcun margine di manovra. Tutte le promesse, per la maggior parte demagogiche, si scontreranno con questa realtà».
Eppure, secondo Eddé, dietro un’apparente difficoltà potrebbe nascondersi una necessaria strategia politica: «Lo scenario più probabile è quello di un governo di coalizione in cui il RN si occupi dei ministeri regali (interno, difesa, giustizia) e lasci quelli più tecnici o a esperti o ad alleati con maggiore esperienza. In fondo, non è detto che il RN abbia interesse ad avere la maggioranza assoluta. La cosa più importante per loro sono le elezioni presidenziali del 2027. Macron li ha sorpresi con lo scioglimento anticipato del Parlamento e il partito non è ancora pronto a governare. Parlano solo di sicurezza e immigrazione. Peraltro, ereditano uno Stato indebolito. Hanno tutto l’interesse ad avere una maggioranza relativa, che permetta loro di ampliare la base di reclutamento per il governo e di non commettere errori in vista del 2027».
L’Osservatore Romano – 01/07/2024