Più che sui possibili scenari elettorali, in Francia la vittoria alle elezioni europee del Rassemblement national (Rn) e lo scioglimento dell’Assemblea nazionale rivelano molto sullo stato attuale della società francese.

Innanzitutto, «c’è una spaccatura profonda su quale dev’essere il ruolo dello Stato — osserva Jean-Baptiste Noé, caporedattore della rivista «Conflits» — la nostra società è divisa su tutti i temi, dalla migrazione al debito. E, di conseguenza, il dibattito politico è diventato più violento. La sfida delle prossime elezioni sarà riuscire a riportare la calma e a ridurre la tensione sociale».

Compito non facile perché l’ingranaggio dello Stato sembra inceppato. Lo ha notato bene Maroun Eddé nel suo ultimo libro, La destruction de l’Etat (Bouquins, 2023). Parlando al nostro giornale, Eddé ribadisce come «il voto testimonia un malessere molto più profondo: la classe media e i francesi che vivono fuori delle grandi città si sentono declassati e non rappresentati dall’élite che governa a Parigi. I servizi pubblici, da quello educativo fino a quello sanitario, versano in uno stato sempre più critico e ciò genera forte insoddisfazione».

Eppure, a differenza di altri Paesi, in Francia l’atteggiamento «violento e anti-establishment» descritto dall’Institut Montaigne «ha comportato il ritorno della politica», osserva Noé. «Certo, i francesi adorano la vita pubblica, ma da diversi anni si registrava una sorta di disaffezione, l’astensionismo cresceva, basti pensare alle presidenziali del 2017 e del 2022. Tutto è cambiato con le elezioni europee. Per la prima volta dal 2020, l’astensione è diminuita, i francesi hanno votato in massa — il che è raro per un’elezione europea — e la promessa di Macron di non essere “né a destra né a sinistra” ha infuocato lo scenario. Il bipolarismo è tornato, così come il dibattito».

Perciò, prosegue Eddé, «a fronte di sistemi incentrati sulla governance manageriale e tecnocratica, questa volta ha vinto la volontà di cambiare classe dirigente. Bisogna tenere presente che, da trent’anni, nonostante le alternanze partitiche al potere, la linea politica non è cambiata. Privatizzazioni, deindustrializzazione, liberalizzazione europea, servizi pubblici sottomessi a imperativi di redditività, immigrazione continua per manodopera a basso costo. Dopo la delusione del macronismo, il voto a Rn rappresenta la volontà di provare una delle ultime possibilità».

Ma se per Jean-Baptiste Noé il rischio principale è «non tanto la cohabitation quanto l’assenza di una maggioranza in Parlamento e quindi l’ingovernabilità del Paese», secondo Maroun Eddé «i francesi potrebbero presto scoprire che Rn non rappresenta alcuna alternativa: anche questo partito ha diluito il suo programma elettorale pur di diventare presentabile, trasformandosi così nell’ennesimo simbolo di quel sistema osteggiato dalla stessa popolazione».

Perché in fondo il problema, stando all’analisi di Eddé, è uno: «Lo Stato è diventato impotente. La Francia ha perso sovranità. La delocalizzazione, la presenza di fondi stranieri e l’indebitamento massiccio hanno permesso ai cittadini di mantenere lo stesso tenore di vita, ma il potere negoziale di Parigi e la sua influenza economica sono diminuiti. Lo spazio fiscale è ristretto a causa di un onere del debito sempre più grande. Inoltre, l’accentramento del potere nelle mani del presidente ha fatto perdere fiducia nei confronti dei partiti e del parlamento. Voler decidere su tutto e gestire ogni dossier, specie in politica estera, rende in realtà impotenti: nessuno può governare da solo. La Repubblica immaginata da Charles De Gaulle funziona se il presidente è capace di dare seguito alle sue decisioni in modo democratico, altrimenti il Paese è paralizzato».

Ancora una volta, le elezioni europee si dimostrano quindi più centrali per la politica nazionale anziché per quella comunitaria, le maggioranze nel parlamento di Strasburgo saranno più o meno le stesse. Questa volta i cambiamenti più eclatanti sono avvenuti in Francia e Germania. E le conseguenze sul motore franco-tedesco non sono da poco.

«Berlino e Parigi hanno spesso visioni molto diverse — conclude Noé —, ma per noi non è grave. Macron ha firmato trattati importanti con l’Italia (Quirinale, 2021) e con la Spagna (Barcellona, 2023) per riorientare le relazioni con il sud dell’Europa. Ciò evita che tutta l’attenzione sia focalizzata sulla Germania e permette di rafforzare la cooperazione europea». Ma l’assenza di leadership, la questione della sovranità e la frammentazione sociale rischiano di andare ben oltre i confini nazionali. La sfida politica per l’unità del “Vecchio Continente” si gioca tutta qui.

L’Osservatore Romano – 15/6/2024