L’Australia ha annunciato nei giorni scorsi l’intenzione di costruire la sua più grande flotta marittima dai tempi della seconda guerra mondiale. Canberra ha stanziato più di 35 miliardi di dollari per un progetto di difesa proiettato nei prossimi dieci anni. «Un’Australia forte fa affidamento su una marina forte, attrezzata per condurre diplomazia nella nostra regione, scoraggiare potenziali avversari e difendere i nostri interessi nazionali», ha affermato il viceammiraglio della marina australiana Mark Hammond. Così, dopo aver constatato come l’attuale flotta da combattimento di superficie non sia appropriata al contesto regionale, la Royal Australian Navy aumenterà la sua flotta puntando su cacciatorpediniere lanciamissili, nuove fregate e navi più piccole per il pattugliamento. Tutto ciò dovrebbe creare 3.700 nuovi posti di lavoro nei prossimi anni e miliardi di dollari in investimenti.
Anche se i risultati richiederanno molto tempo, maggiore manodopera e infrastrutture più moderne, una decisione del genere è indice di un aumento delle tensioni nell’Indo-Pacifico che non può essere sottovalutato. Mentre il dialogo fra Australia e Repubblica Popolare Cinese è in via di miglioramento – grazie alla rimozione dei blocchi commerciali istituiti da Pechino nel 2020 –, gli incidenti non accennano a placarsi: a novembre il primo ministro australiano Anthony Albanese aveva rimproverato alla Repubblica Popolare Cinese di essersi avvicinata troppo alle sue acque e di aver usato sonar vicino ai sommozzatori della marina militare australiana. Allo stesso modo, Stati Uniti e Giappone hanno legato la propria strategia di difesa nazionale alle sorti dell’Indo-Pacifico.
Di fronte a questa situazione, l’Australia sta cercando di rafforzarsi. Entro queste logiche va letta la Defence Strategic Review, annunciata dal premier Albanese nel 2023, volta a modernizzare le forze armate e diventare più autosufficiente in termini militari. Sul piano regionale, la nuova flotta si dovrebbe unire ai sottomarini a propulsione nucleare che Canberra intende costruire nell’ambito del patto Aukus con Stati Uniti e Regno Unito. Questo patto è nato con l’obiettivo di aiutare l’Australia a dotarsi di sottomarini a propulsione nucleare, ma sta evolvendo entro la logica di rafforzare i rapporti di intelligence e le operazioni di sicurezza nella regione.
Un’altra alleanza fondamentale è il Quad. Con India, Giappone e Stati Uniti, l’Australia è intenzionata a rafforzare le forniture di risorse minerarie e rispondere alle crescenti necessità di progresso tecnologico. Nichel, litio o cobalto sono materiali sempre più necessari alla crescita dell’industria dei semiconduttori. Non solo: in un periodo di crisi delle relazioni economiche internazionali e di importanti novità nelle catene del valore, Giappone e Corea del Sud continuano a confermarsi tra i primi acquirenti di gas proveniente proprio dall’Australia.
A dicembre l’Australia ha infine siglato un piano d’azione con la Francia volto a rafforzare la cooperazione bilaterale in campo militare. A Parigi un atto simile è servito tanto a lasciarsi alle spalle l’esclusione dall’Aukus quanto a dichiararsi «nazione del Pacifico», mentre a Canberra serve a rafforzare la sua rete di alleanze.
L’Osservatore Romano – 27/2/2024