Il 27 e 28 novembre a Mosca si è tenuto il venticinquesimo consiglio mondiale del popolo russo dedicato a “il presente e il futuro del mondo russo”.

Seppur in forma virtuale, il presidente Vladimir Putin ne ha approfittato per ribadire il suo sostegno al patriarca Kirill che “sta svolgendo un lavoro instancabile per la rinascita spirituale della Russia” attraverso “progetti sociali e caritatevoli”. Il presidente della Federazione Russa ha fatto riferimento al “sostegno dato ai nostri soldati e agli ufficiali in prima linea che attendono la parola del patriarca”, ma anche alla difesa della “famiglia tradizionale” perché “per preservare e far crescere il popolo russo le attività religiose tradizionali sono necessarie”.

Per ribadire il supporto alla conferenza voluta e istituita negli anni Novanta da Kirill, per la seconda volta in trent’anni i lavori si sono svolti nei luoghi simbolo del potere nazionale: la cattedrale di Cristo Salvatore e la sala dei congressi del Cremlino. Erano presenti esponenti del clero, ministri, deputati della Duma (camera bassa del parlamento russo) e rappresentanti delle Forze di sicurezza locali.

Proprio dal discorso inaugurale del patriarca moscovita si può capire il motivo per cui Putin intrattiene con esso buoni rapporti. In termini strettamente geopolitici, Kirill ha spiegato come il concetto di Russkij Mir (mondo russo) ruoti attorno alla “tradizione”, ossia alla “preservazione di una comunità che unisce persone di diverse origini etniche, di differenti religioni e tradizioni culturali”.

In questo senso, sia il presidente sia la Chiesa russa hanno un nemico in comune: l’Unione Sovietica che, ha ricordato il patriarca, “nel ventesimo secolo ha avviato un deciso rifiuto dell’eredità del passato”. Vittima di questa rottura è stata anche “la tradizione ortodossa, che da tempo immemore ha determinato l’esistenza del popolo russo e ha instillato in esso le migliori qualità morali”.

Kirill afferma che la situazione è stata risolta gradualemente “tre decenni dopo l’abbandono della politica dell’ateismo”. Ma per la Chiesa moscovita persiste la necessità di affrontare almeno due problemi. Il primo è “il massiccio afflusso di migranti che non parlano russo, non hanno una conoscenza adeguata della storia e della cultura russa e non vogliono integrarsi nella nostra società”, un fenomeno che “sta cambiando l’aspetto delle città e sta portando alla deformazione degli spazi giuridici e culturali”. Il secondo è il “problema irrisolto dell’aborto, un vero disastro nazionale che distrugge il futuro della nostra società e l’idea del valore della vita umana”.

Ecco quindi come ortodossia, culto e disciplina diventano tre princìpi funzionali a un solo obiettivo: rendere di nuovo grande la Terza Roma. Per ottenere ciò, serve anche l’Ucraina o almeno parte di essa. Come mai?

Carta di Laura Canali – Limes (2023)

Perché il cristianesimo russo ha origine proprio nella Rus’ di Kiev, cioè nel viaggio della principessa Olga a Costantinopoli e nel battesimo di rito bizantino ricevuto nel 988 a Kherson da Vladimiro “il Grande”, gran principe di Kiev¹. In pochi anni la Rus’ di Kiev divenne centro dell’ortodossia dell’Europa orientale. Si pensi all’istituzione della metropolia di Kiev sotto Costantinopoli, al primo metropolita di origine locale Ilarion, alla costruzione del monastero delle Grotte e della cattedrale di Santa Sofia, poi ai santi Boris e Gleb, alla letteratura religiosa con le agiografie dei monaci Antonij e Feodosij fino alla complessa opera di cristianizzazione delle campagne.

Questa grande impalcatura geopolitica e religiosa crollò con l’invasione dei mongoli e con la seguente crisi della Rus’ di Kiev. Con una capitale distrutta e saccheggiata, il metropolita Maximos si trasferì a Vladimir. Il suo successore, Pietro, nel 1325 spostò definitivamente la metropolia di Kiev a Mosca, ai tempi una “piccola fortezza”.

La Chiesa ucraina non cessò comunque di esistere e rimase sotto la giurisdizione di Costantinopoli fino al 1687, anno in cui il patriarca russo fu riconosciuto come suprema autorità della metropolia di Kiev. Questo cambiamento non avvenne casualmente, bensì grazie a diversi eventi che ampliarono la proiezione geografica russa e modificarono la percezione culturale del cristianesimo: la caduta di Costantinopoli, l’instaurarsi del mito di “Mosca come Terza Roma”, il riconoscimento del patriarcato russo da parte di tutti gli altri patriarcati, infine la conquista di parte dell’Ucraina nel 1654 da parte di Alessio I.

Dal 1687 in poi la Chiesa ucraina rimase quindi sotto la giurisdizione della chiesa di Mosca². Non senza particolari controversie, però. Una Chiesa ortodossa ucraina autocefala si riunì per il suo primo concilio nel 1921 ma, proprio negli anni Venti e Trenta del Novecento, l’Unione Sovietica si scagliò contro ogni forma di religione, uccidendo, arrestando e mandando in esilio vescovi e fedeli, poi confiscando beni e chiudendo istituti scolastici. Fino al 1945 in Ucraina rimasero aperte circa cento chiese.

Solo con la distensione religiosa voluta da Stalin e con l’annessione degli otto oblast’ occidentali, nel 1956 si arrivò a contare in Ucraina oltre 8 mila chiese (il 63,4% di tutte le chiese in territorio sovietico)³. Gli abitanti dell’area speravano ancora in una certa autonomia religiosa. E questo desiderio fu parzialmente riconosciuto dalla Russia nel 1990: alla Chiesa ortodossa ucraina fu concesso uno status di ampia autonomia, confermato nel 2009 durante lo stesso concilio in cui Kirill venne nominato patriarca di Mosca e di tutte le Russie.

Tuttavia, nel 1992 la Chiesa ortodossa russa si rifiutò di concedere l’autocefalia all’Ucraina. Di fronte all’opposizione, gli ortodossi ucraini si divisero tra chi restò fedele a Mosca e chi fondò la Chiesa ortodossa ucraina – patriarcato di Kiev.

Nell’èra postsovietica si creò così una situazione inedita perché iniziarono a convivere ben tre culti: la Chiesa ortodossa ucraina (patriarcato di Mosca) legata alla Russia e riconosciuta ufficialmente da tutti gli ortodossi, la Chiesa ortodossa ucraina – patriarcato di Kiev e la Chiesa ortodossa autocefala ucraina. Queste ultime due erano indipendenti e non erano riconosciute dall’ortodossia mondiale, ma avevano milioni di fedeli locali al loro seguito.

Tutto è cambiato nel 2018, quando il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I ha concesso l’autonomia alla Chiesa ortodossa ucraina. La situazione inedita in Ucraina doveva essere risolta per almeno due motivi. Il primo: era inammissibile avere tre chiese ortodosse in Ucraina, due autocefale e una legata al Cremlino. Bartolomeo I ne avrebbe approfittato per ristabilire la situazione precedente al 1687, quando la giurisdizione della metropolia di Kiev era proprio sotto Costantinopoli. Inoltre, c’è da considerare la crescente rivalità con la Russia di Vladimir Putin e i conflitti in Crimea e in Donbas che hanno alimentato il desiderio degli ucraini di staccarsi definitivamente da Mosca pure dal punto di vista religioso.

Con la cerimonia del gennaio 2019 nella cattedrale di Santa Sofia a Kiev, l’autonomia della Chiesa ortodossa ucraina diviene ufficiale. Salutata dall’allora presidente dell’Ucraina Petro Porošenko come “un nuovo battesimo della Rus’” e simbolo della “nascita di una Chiesa senza Putin”, viene celebrata dagli Stati Uniti come “un momento storico per Kiev”.

Proprio queste reazioni, affiancate dal successo diplomatico di Bartolomeo I, fanno infuriare Kirill. Esso denuncia lo sconfinamento e dichiara illegale la Chiesa ortodossa ucraina. Lo scisma tra Mosca e Costantinopoli è avviato e, inevitabilmente, viene accelerato dalla guerra. Oggi a Kiev convivono due chiese, la Chiesa ortodossa ucraina guidata da Epifanio e la Chiesa ortodossa ucraina (patriarcato di Mosca) guidata da Onufrij che, da maggio 2022, si presenta come indipendente.

Le diatribe sorte intorno alla gestione del monastero delle Grotte di Kiev sono solo l’esempio mediatico più diffuso di un conflitto ben più complesso. Kirill è ben intenzionato a sostenere il progetto bellico del presidente Putin perché, indebolendo l’Ucraina, intende ridare slancio all’ortodossia moscovita, contrastare la figura di Bartolomeo I e ambire al ruolo di primus inter pares.


Note:

¹ Per approfondire, P. Bushkovitch, Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin, cap. I, Torino 2013, Giulio Einaudi editore

² Per approfondire, A. Roccucci, Stalin e il patriarca, Torino 2011, Giulio Einaudi editore.

³ G. Karpov, “Nota informativa n.135/S sulla Chiesa ortodossa nella Repubblica socialista sovietica ucraina al Comitato centrale del Pcus e al Comitato centrale del partito comunista ucraino”, 7/2/1956.


Limes -18/12/2023