Da Parigi. Sarà l’Assemblea Nazionale, il Parlamento francese, a stabilire il numero di migranti da ammettere in Francia così da «limitare il numero di stranieri irregolari». Alle persone di diversa nazionalità nate in Francia non verrà più concessa automaticamente la cittadinanza francese al raggiungimento della maggiore età: dovrà essere richiesta tra il sedicesimo e il diciottesimo anno d’età. L’assistenza sanitaria al cittadino straniero malato sarà fornita solo se non esiste un trattamento adeguato nel Paese d’origine.
Sono alcune delle iniziative presenti nella nuova legge sull’immigrazione adottata dalla Francia. Il testo sta facendo discutere da settimane il Paese e ha assunto una certa rilevanza per almeno tre motivi.
Innanzitutto, la legge rappresenta una doppia vittoria per la destra francese. I repubblicani guidati da Éric Ciotti e il Rassemblement National guidato da Marine Le Pen non solo sono riusciti a far approvare una legge così forte con un governo di centro sinistra. Essi hanno indebolito la figura del presidente Emmanuel Macron perché, da un lato, lo stanno obbligando a dare soluzioni concrete ai problemi posti dalla destra e, dall’altro, ne stanno minando la solidità del partito approfittando della divisione fra conservatori e progressisti. Il ministro della Sanità, Aurélien Rousseau, ha già annunciato le dimissioni
I temi su cui punta la destra francese sono in effetti divisivi per una comunità così vivace, soprattutto se calati nell’attuale contesto geopolitico in cui l’Europa è schiacciata tra le grandi potenze: esigenza di maggiore sicurezza, differenza tra integrazione e assimilazione, attacchi terroristici, declino del ruolo dello Stato e, quindi, gestione della politica migratoria.
Finora Parigi era l’unico Stato europeo a fornire un assegno ai richiedenti asilo. Con la nuova legge l’assegno verrà concesso solo a due condizioni: essere lavoratori o trovarsi in Francia da almeno cinque anni. Norme più stringenti verranno applicate anche per i ricongiungimenti familiari: chi lo richiede deve risiedere in Francia da almeno 24 mesi (non più 18), deve disporre di risorse «stabili, regolari e sufficienti» e il coniuge deve avere almeno 21 anni (anziché 18). Saranno infine i prefetti a decidere se i soggetti privi di documenti potranno essere regolarizzati e, quindi, se potranno ottenere il permesso di soggiorno.
Mentre lo Stato profondo cerca compromessi, la società francese si sta però nuovamente dividendo. Secondo un sondaggio condotto da Le Figaro, il 68 per cento degli intervistati dice di «apprezzare la legge sull’immigrazione», il 50 per cento si dichiara «soddisfatto» e solo il 24 per cento è «contrario». Supportati dai quotidiani più moderati e da politici come François Hollande, il sindaco di Parigi ha detto di voler fare della capitale una «terra di resistenza democratica e umanista» di fronte al «populismo» e lo stesso hanno fatto 32 dipartimenti guidati dalla sinistra. Le mail istituzionali di molte università, come la Sorbona di Parigi, sono state invase da volantini di proteste e inviti alla mobilitazione verso una «legge che è un attacco storico agli stranieri». A Strasburgo l’università è stata occupata per gli stessi motivi.
Ecco dunque il secondo motivo per cui la legge sull’immigrazione diviene importante: essa rivela che la Francia è un Paese più diviso che mai. E tutto ciò è testimoniato anche da come il vero cuore della legge, ossia l’immigrazione, sia diventato parte di un gioco di potere basato su maggioranze parlamentari e sostegno elettorale. In ballo ci sarebbero vite di migliaia di persone e una strategia per il Mediterraneo, mare sempre più difficile da comprendere e da controllare per chi lo abita. Eppure, era proprio a Marsiglia che, nel settembre 2023, Papa Francesco aveva invitato l’Europa a non ammalarsi di «cinismo, disincanto, rassegnazione e incertezza».
L’Osservatore Romano – 23/12/2023