C’era una volta in cui i giovani avevano pudore del sesso. L’iniziazione era connessa se non al matrimonio a un legame affettivo molto stabile. Oggi sembra non essere più così. Il sesso non crea più ansie, non fa più paura.
Piuttosto, sembra che i giovani temano l’affettività. Esternare i propri sentimenti, confessare che si vuole bene o si ama la persona con cui si trascorre del tempo, condividere le emozioni, scegliere qualcuno da avere a fianco per tutta la vita. No, tutto ciò non trova spazio nelle tante conversazioni sul tema, spesso monopolizzate dal racconto dell’atto sessuale in sé. C’è insomma una sorta di pudore sull’affettività, un’inibizione del sentimento che ha finito per sostituire quello che, un tempo, era invece il pudore sul sesso.
Difficile stabilire se si tratti di una disaffezione al sentimento o di una disaffezione ad esternare il sentimento. Ad ogni modo, tutto ciò emerge per esempio nel linguaggio comune o nella facilità con cui, sui social media e non solo, si parla di certi temi. Da «spotto[1] il ragazzo che si trovava al bar dell’università lunedì scorso» alle pagine Instagram in cui si pubblicano consigli sui rapporti sessuali. Fino allo scorrere delle immagini sull’app Tinder, ormai un’abitudine metodica che, ignorando la persona al di là dello schermo, seleziona il prossimo solo ed esclusivamente in base ai gusti personali o al caso. Rilevanti inoltre i dati sociali: secondo l’Istat, nel 2020 in Italia il 33,2 per cento dei nuclei familiari è rappresentato da single, e poi l’inverno demografico, non solo italiano.
Sullo sfondo di questo fenomeno, che è legato all’individuo e poi alla società, la rivoluzione forse più importante alla quale si assiste: quella antropologica. Il relativismo individualistico secondo cui esistono «i miei diritti, il mio spazio, esisto io». La dimensione comunitaria pare appiattita. I vincoli etici che prima davano un senso di comunità esistono ancora, certo. Ma sono stati individualizzati. Non sono più collettivi. E, se conta il singolo, allora la relazione umana e così anche i sentimenti verso l’altro, vengono meno.
Si pensi alla famiglia, istituzione rappresentativa del concetto di comunità, oggi sempre più in crisi. La scissione tra affettività e sessualità non è legata solo ai giovani. Avviene anche negli adulti. Ed è come se venisse ereditata perché, se i ragazzi percepiscono assenza di empatia e di sentimenti dentro casa, trasmettono tutto ciò anche nella quotidianità vissuta all’esterno.
Che dire del presentismo, sempre più diffuso con la pandemia: l’idea di vivere in un eterno oggi annienta la percezione del futuro, pone l’individuo al centro di un tempo indefinito fatto di abitudini, per poi annientare la possibilità di costruire e coltivare relazioni capaci di durare nel tempo. Così come, ad incidere sul valore del tempo e delle relazioni, è anche il consumismo. L’idea che gli oggetti non si riparano ma si sostituiscono può essere facilmente trasportata nei rapporti umani.
Ma la rivoluzione antropologica passa anche per fenomeni sociali positivi, come l’emancipazione femminile. Il ruolo della donna nella società di oggi è lontano anni luce dal ruolo della donna nella società di cinquant’anni fa. Certi tabù sono stati cancellati – basti pensare a come è cambiato il dibattito sul ciclo mestruale o sul congedo parentale. E ciò ha provocato cambiamenti sulle relazioni sentimentali fra persone di genere diverso.
La scissione dell’affettività dalla sessualità pare per certi versi evidente. Ma è realmente così? Cosa ne pensano i giovani? Provano i sentimenti senza esternarli? O non li provano affatto? Cosa cercano nel rapporto col prossimo? Ecco i punti centrali di questo e del prossimo appuntamento di #CantiereGiovani. Consapevoli che, per affrontare la questione, non esiste il giusto o lo sbagliato. Per capire, bisogna rivolgersi a loro, ai diretti interessati, ai nostri coetanei.
[1] “To spot”, dall’inglese, significa “individuare”. Spottare può essere inteso come “ho individuato”, “mi piace”.
L’Osservatore Romano – 10/2/2023