Il passato spento e il futuro acceso? O il passato acceso e il futuro spento? Carlo sorride e bisbiglia. Parla e si vergogna. Insomma si confessa. «Tenere spente tutte le candele, si può?», domanda il giovane di 22 anni dalla periferia sud di Roma, rispondendo alla riflessione stimolata dall’appuntamento settimanale con #CantiereGiovani.
«Il vostro gioco è suggestivo, ma non pone una domanda — prosegue —: chi accende la candela? Decidere quando puntare sul futuro e quando scacciare il passato è facile come accendere o spegnere una candela? Magari! A me capita che le candele si accendano da sole, contro la mia volontà. Perché non ho la forza di accendere né di spegnere nulla. Dell’infanzia non vorrei ricordare violenze, litigi, separazioni familiari e quindi drammi personali, scolastici, trasferimenti. Il futuro? E chi lo vede? Faccio il magazziniere, non ho alcun titolo di studio, non ho due genitori a cui raccontare la giornata o a cui chiedere consigli: il passato ha annullato totalmente le prospettive. Vivo nell’abitudine. Le uniche scelte sono i locali in cui passare il sabato sera con gli amici. Ma nel mio presente non ci sono candele. C’è il fumo di chi ha spento e non vuole guardare. Oppure, c’è un incendio scatenato proprio da quelle candele del passato. Io un estintore non ce l’ho. E se provo a spegnere le fiamme mi brucio. Non avete idea di quanto faccia male».
Ingannati dalla vaghezza del futuro e dal continuo ritorno del passato, condannati al “presentismo”, svuotati di aspettative, consapevoli che le soluzioni a certi drammi spesso si trovano nella strada e nelle dipendenze, dalla droga all’alcol fino alle scommesse e alla violenza: la storia di Carlo, purtroppo, è la storia di tanti giovani e perciò abbiamo deciso di iniziare da questa testimonianza. Chi accenderà la loro candela del futuro?
Vale lo stesso per Stefano, giovane sardo di 25 anni, che guarda al passato come una fila di candele accese: «Ci sono molte cose che avrei voluto fare, ma mi sembra di non avere più tempo e di non essere capace di trovare il momento giusto. Questa sensazione è sempre più familiare e ho paura che andando avanti le cose potrebbero peggiorare. Per questo motivo, almeno per ora, non riesco a guardare al futuro perché è tutto spento».
Per Veronica, tirare le somme sul passato e pensare al futuro quest’anno è più difficile del solito: «Ciò che rende un po’ spento il passato è il fatto che mia nonna non c’è più e la consapevolezza che non potrà essere presente nei momenti importanti della mia vita. Tuttavia, questo sentimento non mi demoralizza: se guardo in avanti vedo un futuro acceso perché sto realizzando la casa dei miei sogni, voglio sposarmi e ho in mente tantissimi progetti da realizzare insieme al mio fidanzato, alle nostre famiglie e con tutti gli amici. Non nascondo, però, di avere paura di alcuni fatti che credo siano presi un po’ sottogamba come il cambiamento climatico, la guerra, la povertà e le epidemie che, temo, peggioreranno». Disagi personali ai quali si aggiungono timori sociali. I grandi temi che colgono l’attenzione dei giovani, oggi, sono sempre più chiari. E hanno un certo peso sull’idea dell’avvenire.
Fortunatamente, l’incertezza del futuro non sempre viene vista con ansia e preoccupazione. Gabriele racconta con entusiasmo di un passato acceso e di un futuro spento: «Non possiamo sapere cosa affronteremo o cosa incontreremo nella vita ma so per certo che ogni passo in avanti illuminerà un pezzo della strada. Per apprezzare questo, però, occorre metterci cuore nelle cose e nei momenti così da sentirsi a proprio agio quando abbiamo bisogno di guardare indietro e attingere dalla luce del passato che ci aiuterà ad andare avanti».
Poi c’è Chiara, 28 anni, che conserva più file di candele perché «sono stata adottata e dei miei primi anni di vita ricordo diverse immagini. L’orfanotrofio, lo smog a Tbilisi, il pallone di pezza. E, improvvisamente, Torino, con la sua modernità, una famiglia accogliente, compagni di classe simpatici. Nei miei ricordi non c’è spazio per gli intermezzi. O tutto nero, o tutto bianco. Mi piace pensare che questo scherzo della memoria voglia significare una cosa: la vita di oggi non sarebbe possibile senza la mia prima vita, senza la mia prima fila di candele. Fatta di difficoltà, ingiustizie. Ma era una vita e, ancor più, era la vita di una bambina. Piena, nonostante tutto, di futuro. Le tengo volentieri accese, quindi, le candele del passato, soprattutto se fa male, perché mi insegnano quanto sia importante custodire le mie radici, non rinnegandole, e non sprecare l’opportunità che ho avuto». È stato difficile accettarlo, confessa Chiara, perché «a volte ho accusato l’idea di essere diversa dagli altri, l’idea di vivere in un posto che non è il mio, diverso da quello che Dio aveva pensato per me». Ma, forse, a volte tenere le candele del passato accese fa bene per ricordare quanto la sofferenza abbia aiutato a raggiungere certi obiettivi. Perché, e su questo Papa Francesco ha insistito spesso, soffrire aiuta. Chiara lo sa e ci racconta che solo quando torna in Georgia, nella sua casa d’origine, sente di «tenere accese tutte le candele, insieme: passato, presente e futuro».
Riflettere anziché agire. Sapersi fermare. Un’altra sfida per interrogarsi sul rapporto con sé stessi che, con le festività alle porte, potrebbe sembrare più realizzabile. A meno che il Natale non sia trasformato, come spesso avviene, in giorni di stress e caos, di puro consumismo, di ricerca sfrenata dei modi per festeggiare l’ultimo giorno dell’anno, e non come tempo di ri-nascita. Sara racconta di essere molto legata alle tradizioni e al loro legame con il passato: «Per me Natale è sinonimo di famiglia e di persone a cui voglio bene. La famiglia è insieme passato, presente e futuro perché composta da coloro che camminano con noi anche se sarà il tempo a decidere per quanto. A Natale contempliamo la nascita di Cristo, un evento accaduto più di duemila anni fa ma la cui luce illumina presente e futuro. Anche noi oggi seminiamo per poter raccogliere qualche cosa domani e, nel frattempo, cresciamo conservando nel cuore questa luce».
E allora ecco, infine, Marta che, riflettendo sul suo percorso, ammette di vedere il passato spento e il futuro illuminato dalla luce più grande, quella che tutti, soprattutto in questi giorni, attendiamo: «In questo momento della mia vita provo un senso profondo di speranza verso i piani che Dio ha in cantiere per me e più ci penso e più mi convinco che il futuro sarà sempre illuminato, in un modo o nell’altro».
L’Osservatore Romano – 30/12/2022