I dati, allarmanti. Le prospettive, disastrose. La realtà, inesorabile. Nel 2022, secondo il rapporto «Global Employment Trends for Youth» dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), saranno 73 milioni i giovani disoccupati nel mondo.

Eppure, pochissimi ne parlano. Non bastano le manifestazioni globali, non c’è spazio nelle campagne elettorali, non si sa cosa e come comunicare a chi ha meno di trent’anni. Per troppi giovani non c’è futuro. Se non quello di diventare adulti e affidare l’etichetta a qualcun altro. Paradosso, seppur sempre amaro, diventato ormai scontato.

Quello diffuso dall’Ilo è un dato in leggera flessione rispetto ai 75 milioni dello scorso anno. Ma resta comunque un numero più alto di ben sei milioni rispetto al 2019. Scenario in peggioramento anche per i NEET : nel 2020, ultimo anno per cui è disponibile una stima generale, a livello globale il 23,3 per cento dei giovani non studiava né lavorava. Pesa la pandemia, così come pesa l’incertezza globale causata dalla guerra in Ucraina e dall’inflazione.

Ma, più di ogni altro valore, a stupire sono le differenze interne agli stessi dati. Ingiusta e grave la situazione per le giovani donne perché, nel 2022 a livello globale, solo il 27,4 per cento di loro avrà un’occupazione (per gli uomini questo valore è invece al 40,3 per cento). Ben peggiore lo stesso dato per le giovani donne arabe: in questa parte di mondo il tasso di disoccupazione femminile schizza al 42,5 per cento, cioè quasi tre volte in più rispetto alla media mondiale delle giovani donne, pari al 14,5 per cento (cioè, i giovani uomini hanno quasi 1,5 volte più probabilità di essere occupati rispetto alle giovani donne).

Prevalgono anche le diversità geografiche. Se in Europa, nell’Asia e nel Pacifico il tasso di disoccupazione giovanile si aggira tra il 14 e il 16 per cento, nel nord America il valore si attesta all’8,3 per cento. Ancor più grave la situazione nei Paesi a basso reddito. Gli Stati arabi sono in enorme difficoltà, con un tasso di disoccupazione giovanile previsto nel 2022 al 24,8 per cento. L’America Latina arriverà a superare un preoccupante 20 per cento. Se in Africa i dati ufficiali parlano di un 12,7 per cento, l’Ilo fa notare come non si tenga in considerazione «il fatto che molti giovani hanno scelto di ritirarsi completamente dal mercato del lavoro». Già nel 2020 infatti più di un giovane su cinque in Africa non aveva un lavoro, un’istruzione o una formazione.

Secondo l’Organizzazione mondiale del lavoro delle soluzioni ci sono. Se entro il 2030 si facesse leva su ambiente, digitale e sociale si potrebbero creare 139 milioni di nuovi posti di lavoro, di cui 32 milioni per i giovani. Così come gli investimenti in sanità e istruzione potrebbero creare 17,9 milioni di posti di lavoro in più per i giovani.

Certamente sono idee concrete e spunti necessari. Tuttavia, a noi giovani che da questo Cantiere osserviamo ciò che avviene, ci sia consentito un po’ di scetticismo. Quando si parla di sanità, istruzione e ambiente l’uomo si è quasi sempre fatto trovare impreparato. Vedere alla voce pandemia e crisi climatica. Figuriamoci quando, a tutto ciò, si aggiunge pure il tema dei giovani. Anzi, dei “gggiovani”.

L’Osservatore Romano – 12/8/2022