Ce l’ha fatta l’olivastro millenario bruciato dall’incendio che, a luglio 2021, aveva devastato l’Oristanese, in Sardegna. Divenuto il simbolo della calamità (in)naturale, ora su questo fusto di dieci metri sono apparsi i primi germogli e dalle radici sono spuntati tre polloni di oltre quaranta centimetri. Il salvataggio è stato possibile grazie a tutte quelle azioni e a quegli sforzi collettivi portati avanti per mesi dall’associazione locale di Montiferru: pacciamatura, irrigazione di emergenza, somministrazione degli amminoacidi levogiri per il ripristino della funzionalità radicale, protezione del tronco con i teli di juta, copertura della chioma andata perduta.

C’è spazio anche per i giovani in questa storia? Forse, guardando bene quella pianta di mille anni, non pensando solo alla mano dell’uomo che prima distrugge e poi ricostruisce, alla tenacia della natura, all’importanza dei simboli o al cambiamento climatico, infine scavando in quella detestabile quanto affascinante tendenza a umanizzare la natura, forse sì, c’è spazio anche per noi giovani. In fondo quel fusto sembra assomigliarci. È vero, lui è millenario e noi (quasi) millenials. Ma, come l’albero è spezzato a metà dalle fiamme, anche l’adolescente è diviso tra il mondo dei piccoli e il mondo dei grandi, tra scuola e università, tempo libero e lavoro, responsabilità e incoscienza, alcool e bibite gassate, vecchi amici e primi amori. Oltre a dubbi e certezze tipiche dell’adolescens, di «colui che sta crescendo», c’è poi il panorama difficile di un’epoca pandemica, bellica, tutt’altro che bella, in cui aleggia lo spettro dell’ennesima crisi economica che, come una fiammata finale, colpisce le radici e smuove le giovani (in)certezze.

E allora ecco, saper soffrire. No, non esiste manuale. La sofferenza è un processo di vita «transitorio ma necessario», per dirlo con le parole di Papa Francesco. E lo è ancor più durante l’adolescenza. All’interno della sofferenza passano tutte le debolezze e le incertezze, ma anche la necessità di mettersi in discussione e di trovare soluzioni ai problemi, l’attitudine al cambiamento. È un termine ambiguo, sofferenza, come ambigua è la sua etimologia: dal tardo latino sufferentia cioè «sopportazione, pazienza», derivante da sufferens cioè «sofferente». Perciò soffrire non può essere paragonato solamente allo stare male. L’accademia ebraica al termine סֵבֶל accosta il «portare carichi sulle spalle, la resistenza». Chi soffre sopporta. Chi soffre è paziente. Non si arrende all’attrazione della facilità. Perché momenti del genere non dovrebbero essere intesi solo come momenti di crisi. La propria sofferenza è una prova dell’unicità della propria storia.

E chi soffre, per amore, amicizie, insicurezze, rancori o per scelte difficili, non dovrebbe avere paura di apparire debole. Non dovrebbe, dunque, coprirsi. Dovrebbe piuttosto mostrarsi, accogliere l’altro ed essere disposto a farsi curare. Più coraggioso di tutti non è chi si mostra forte, ma chi ha la forza di mostrarsi sofferente. Come il fusto millenario ha fatto con l’uomo e viceversa. Pacciamare significa ricoprire il suolo attorno alle colture con materiale naturale o plastico per impedire alla luce di arrivare e di far sviluppare piante infestanti. Irrigare, cioè indirizzare il corso dell’acqua a chi ne ha bisogno. Pacciamare e irrigare, proteggere e aiutare. Poi ricostruire. Con gli amminoacidi levogiri che influenzano la resistenza e i processi vitali della pianta. E con la juta, materiale ricavato dagli stessi alberi, ricco di fibre ruvide e tenaci.

Non è vero, insomma, che soffrire non serve a niente. La rinascita dalle ceneri del fusto millenario, spaccato in due dalle fiamme, salvato dagli altri, mai sazio di futuro, sembra voler dire proprio questo. La radice di sofferenza deriva dalla preposizione latina sub, «sotto». La sofferenza è una corteccia. Protegge il passato, solidifica l’anima insegnandole a provare dolore, preserva per il futuro solo ciò che è importante. A un’altra e ultima condizione: quando si soffre non bisogna arrendersi mai.

L’Osservatore Romano – 20/6/2022