Lì fuori, tra le piazze e i muretti, ci sono molti ragazzi che non riescono né vogliono identificare Dio. Nel mio terzo viaggio voglio dare voce a loro. Nel farlo mi piace disporre le risposte ottenute seguendo il climax, una figura retorica che consiste nel passaggio graduale da un concetto all’altro. Esplorare la negazione, promuovere i dubbi, dilatare la riflessione, alimentare la speranza. Una gradazione basata non sull’intensità delle parole, ma sulla leggera ed impercettibile sfumatura dei pensieri. L’evoluzione della persona e l’inafferrabilità della storia. Un percorso verso l’intangibile. Ordinare e muovere le pedine sulla scacchiera per arrivare a dama. «Chi è Dio per te?».

«Due anni fa ero a Lione» esordisce Emiliano, «arrivato al punto più alto della cattedrale di Saint-Jean, ho sentito il bisogno di andare dal sacerdote per porgli una domanda: “Se Dio esiste, perché io non ci credo? Perché Dio ha creato degli individui che lo mettono in discussione e non lo avvertono da alcuna parte?”. Il mio rapporto con l’eventuale presenza di Dio è molto contrastante. Se esiste, a me non sta simpatico e io non gli sto simpatico. A tal proposito, vorrei citare due episodi. Il primo è quando ho visto, da piccolo, le immagini della guerra. Ricordo di aver fatto un paragone tra la terra e un giardino, tra Dio e un giardiniere: se Dio ha creato la terra, perché lascia che accadano cose così terribili? Perché un giardiniere dovrebbe piantare fiori per poi lasciarne morire alcuni brutalmente? Il secondo episodio è collegato alla morte della madre di una delle mie prime fidanzatine. Avevamo 11 anni. Al funerale il sacerdote spiegò come Dio prendesse a sé chi amava di più e che quella mancanza dovesse essere intesa come un gesto d’amore. Per me tutto ciò è stato ed è inconcepibile. Pensare che Dio, per un affetto personale, possa strappare a quattro figli la propria madre, mi ha fatto provare fastidio e ribrezzo. Insomma, in un mondo così pieno d’ingiustizie mi è difficile credere che esista Dio. E, se esiste, non è corretto, né tantomeno buono. Come rispose il sacerdote di Lione alla mia mancanza di fede? Che il porsi una domanda del genere era già una ricerca della fede».

Una ragazza, che preferisce restare anonima, ha cercato una risposta scavando nei suoi 19 anni di vita. «Dio esiste, io lo so. Lo vedo nella storia di certe persone, nei misteri della natura, nelle risposte che ti hanno dato gli altri ragazzi. Dio esiste ma, in me, non c’è mai stato. Non c’era quando mio padre è andato via di casa. Non c’è adesso, nelle insicurezze di un’adolescente e nelle lacrime nascoste sotto un cuscino. Non c’è neanche nella mia immobilità verso il futuro. Tutto ciò mi fa sentire abbandonata. Tradita. Punita. Perché gli altri sì e io no? Perché la strada verso Dio è così difficile, se è così grande come dicono? Perché non ho mai incontrato qualcuno in grado di farmici avvicinare? Mah, forse mi aspetto troppo. Un po’ come col mio ragazzo, ecco».

Poi ci sono le parole di Marco. «Premetto di non essere credente, ma mi piace identificare Dio in un momento che può capitare a chiunque. Dio, per me, è una sensazione. Un attimo di tranquillità particolarmente forte, scaturito da una gioia vissuta con gli altri. Un frammento di vita in cui si comprende di essere in perfetta sintonia con ciò che si ha intorno. Durante una passeggiata, un viaggio in macchina, un silenzio prolungato. L’unico momento talmente profondo in cui penso che possa esistere qualcosa. Questo è il modo che Dio ha per manifestarsi in chi crede. A me, per ora, basta comprendere come i credenti possano sentirsi in contatto con lui in momenti del genere. E, per questo, rispettarli».

Infine Valentina. E, con lei, un chiarore nella caligine. «Quando rifletto su chi sia Dio per me penso al brano Anthem di Leonard Cohen: “C’è una crepa in ogni cosa. Ed è così che entra la luce”. Io considero Dio come quella luce che, impercettibilmente, penetra tra le ferite dell’uomo. Si inserisce tra i dolori, i dubbi, le domande insolute. E, penetrando, le schiarisce. Dio è un messaggio di speranza. Ecco perché, anche se non sono credente, mi astengo dal definirmi atea. Non nego del tutto l’esistenza di Dio, né mi arrendo ad un esausto disinteresse solo perché incapace di trovare la risposta. Perché so che, quando la nostra conoscenza si mostra limitata, la fede può intervenire. E può salvarti la vita».


L’Osservatore Romano – 26/4/2021