Sopra le nostre teste, la Luna. Pallida e irraggiungibile, gioca a nascondino tra le nuvole. In lontananza, i rumori, confusi, della città. Davanti agli occhi, un parco. Affollato e colorato, è uno dei luoghi di evasione dalla nuova normalità a cui, da più di un anno, siamo sottoposti. Il mio viaggio nell’intimità dello spirito e nella religiosità dei ragazzi prosegue qui. In cerca di altre interpretazioni, immagini, dubbi. O, forse, solo di una chiacchierata. La domanda che rivolgo ai giovani amici, già posta al centro dell’articolo della scorsa settimana, è «chi è Dio per te?».

Elisabetta, compagna dell’università, ci riflette e mi risponde un po’ alla volta. «Hai presente quel giorno in cui torni a casa da una giornata pesante e scopri che tua madre ha cucinato il tuo piatto preferito? Oppure, ti capita mai di osservare un tramonto particolarmente vivo, un ultimo sprazzo di luce nel cielo, dopo un’intera giornata di pioggia? Bene, la sensazione che provo in questi casi è la stessa che avverto quando penso a Dio. Sicurezza, sollievo, protezione. Dio, per me, è uno psicologo. Un’entità a cui confidare le proprie preoccupazioni. Qualcuno che non dà risposte, ma chiavi di lettura. Qualcuno che ti permette di schiarire ciò che è opaco. Questo pensiero l’ho maturato quando, grazie a un’amica del liceo, mi sono reinserita nella parrocchia. Un luogo che accoglie, ascolta ed esalta i ragazzi. Avere un gruppo, uno spazio di condivisione e riflessione, è fondamentale. Anche per imparare a fare altrettanto nella quotidianità: integrare e valorizzare».

«Tempo fa mi è capitato di entrare nella Basilica di Santa Maria Maggiore», mi confida Giorgio, «era mattina e c’era poca gente. Mi sono messo seduto. Anche se mi definisco agnostico, ho voluto fare una preghiera. Non ero in cerca di risoluzioni a un problema, né volevo fare specifiche richieste. La mia è stata una preghiera rivolta a chiedere a Dio di aiutarmi ad affrontare la vita come vorrei. Con coraggio. In quel momento ho capito che, per me, Dio è l’ammissione delle nostre paure. La constatazione dei limiti umani. E, quindi, è la figura della speranza. Il padre a cui ci aggrappiamo per superare i timori a cui la vita, costantemente, ci sottopone».

La lontananza con Giulio, impegnato nell’esperienza Erasmus, non mi ha impedito di coinvolgerlo in questa inchiesta. Tra la tuta da casa e la ventola rumorosa del computer, la sua risposta è stata profonda. «Non ho mai inteso Dio come una persona o un’autorità. Piuttosto, Dio, per me, è ciò che è eccelso per l’uomo. È il momento perfetto della propria vita. Uno stato di estasi e calma che non fa pensare ad altro. Raggiungere Dio, per credenti e non, significa raggiungere un attimo di felicità. Anche se è complicato comprendere tutto ciò, credo che valga la pena concentrare la propria vita sulla ricerca di attimi di gioia e di bagliori in cui trovare Dio. Ultimamente, guardando alle mie abitudini e al mio carattere, ho capito che la scintilla in grado di generare questa sensazione è rappresentata dall’inter-relazionalità: avere persone intorno a me. Vivere e conoscere non attraverso le persone, ma con le persone. Coinvolgere ed essere coinvolto. Vivere per condividere. È vivificante. Gli altri limano il mio carattere, affinano me stesso, determinano le mie esperienze. Il prossimo è una forza motrice. Mi piace pensare a questa definizione di Dio perché, in fondo, racconta molto di me».

Infine Nicolò che predilige un approccio più concettuale. «Difficoltà, consapevolezza, ripartenza. Dio, per me, è questa triade. È la trasformazione positiva del fallimento. Un movimento dell’anima. Una ripartenza fruttuosa. La genesi dell’opportunità. Grazie alla spinta di Dio, l’uomo incarna un valore, si rende protagonista di un cambiamento che tende al meglio. E proprio perché tutto ciò parte da una difficoltà, uno sbaglio, un fallimento, secondo me può esserci Dio anche nel male. Lui è sempre lì. Sta a noi saperlo trovare. Può essere un amico che ti indica la strada o che corregge un tuo atteggiamento. Può essere la certezza di un ricordo. Può essere la cultura cristiana, che mi ha insegnato dove cercare i valori. Può essere anche in noi, quando capiamo che bisogna cambiare per migliorare. E ti dirò che, per me, Dio è anche nella storia della mia famiglia».


L’Osservatore Romano – 19/4/2021